Il Superbonus 110 ed il sequestro preventivo di beni

A prescindere da ogni possibile risvolto politico, il Superbonus è stata una misura economica particolarmente delicata che ha comunque avuto come conseguenza tutta una serie di vicende processuali, di cui gran parte legate a frodi ai danni dello Stato e della Collettività.

Degna di interesse vi è una sentenza della Corte di Cassazione, la n.8390 del 2025 (quindi abbastanza recente) che vede come protagonista un consorzio edilizio che avrebbe ottenuto indebitamente, crediti d’imposta, attraverso pratiche fraudolente, con emissione di fatture gonfiate e costi non ammissibili.

Tutto inizia con un sequestro preventivo di beni da parte del Tribunale di Pesaro, per un valore di oltre 1.430.000,00 euro, in seguito alla presunta operatività fraudolenta del consorzio. Sembrerebbe infatti che quest’ultimo avrebbe fatturato importi superiori a quelli effettivamente sostenuti per i lavori agevolati del Superbonus, evidenziando così una enorme differenza tra gli importi fatturati e quelli effettivamente pagati alle imprese operanti in regime di subappalto. Tale comportamento configurerebbe violazione dell’art.316 ter del Codice Penale con conseguente rischio di dispersione del patrimonio, e tale decisione è stata impugnata davanti alla Corte di Cassazione che comunque ha confermato il provvedimento di sequestro.

Ovviamente il Consorzio, ha sostenuto la regolarità dei contratti e delle fatture i cui prezzi risultavano allineati ai prezziari regionali, evidenziando che le maggiorazioni sui costi di gestione erano imputabili ai committenti e la presunta “inammissibilità” era stata chiarita solo successivamente dalle circolari e comunicati emessi dall’agenzia delle entrate, affermando che da parte del Consorzio non vi era alcuna intenzione fraudolenta, basandosi le pratiche su “interpretazioni legittime della normativa”.

L’esito ha visto il consorzio soccombente, in quanto la Cassazione ha confermato il sequestro preventivo dei beni, basandosi sulla prova chiara di condotte fraudolente e l’insufficienza oltre che l’inadeguatezza della documentazione presentata a supporto dei crediti d’imposta. In sostanza la Corte ha stabilito che il Superbonus va considerato come un finanziamento, anche se risulta una detrazione fiscale e per quanto riguarda il Consorzio ha prevalso il concreto rischio di dispersione del patrimonio, nel momento in cui, in presenza di un procedimento penale in corso, lo stesso Consorzio aveva perseverato nella sua condotta di investimento in beni non compatibili con la sua situazione economica.

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